Le dodici fatiche di Ercole

Fra storia e mito

Traduzione personale da www.storynory.com


Tanto tempo fa, due bambini gemelli dormivano nella loro stanza, con la porta aperta sulla veranda per far entrare un soffio di brezza. Purtroppo però, non era solo l'aria che poteva entrare e prima uno e poi un secondo serpente scivolarono attraverso la fessura. Erano stati mandati dalla dea Hera, Regina del Cielo.
E' difficile capire come chiunque, tantomeno una dea, potesse essere in grado di tramare alcunchè contro due bambini innocenti, ma il fatto è che il suo cuore immortale era pieno d'odio verso quei gemelli. La loro madre era una donna umana, ma il loro padre era nientemeno che Zeus, Dio del Cielo e marito di Hera. In poche parole, la dea era gelosa!
I due rettili strisciarono verso il letto. Il bambino più grande si stiracchiò e sbadigliò. Il serpente più vicino tirò fuori la lingua, sibilò e alzò la testa per vedere se poteva raggiungere la parte superiore del materasso. E fu l'ultima mossa che fece perché il bimbo stese il braccio e l'afferrò per il collo. L'altro serpente si avvicinò scivolando rapidamente attraverso il pavimento, ma il bambino afferrò anche lui per il collo e cominciò a scuoterlo violentemente. La balia, che aveva sentito dei rumori, arrivò correndo nella stanza dei bambini, ma era troppo tardi...per i serpenti! Il bambino, il cui nome era Ercole, li aveva già uccisi entrambi.

Il bimbo crebbe e divenne un adolescente e senza dubbio era la creatura umana più forte che mai avesse posato piede sulla faccia della Terra. Ancora giovane, aveva una prestanza fisica formidabile, con la sua imponente altezza e i muscoli guizzanti. Le ragazze di Tebe lo amavano e lui amava le ragazze di Tebe!
Quando altri Greci nemici attaccarono la città, Ercole li costrinse a fare le valigie. Come ricompensa Kreon, Re di Tebe, gli diede in sposa sua figlia Megara.

Sebbene avesse ogni motivo per essere soddisfatto, Ercole era infelice e stranamente timoroso e trascorreva la maggior parte delle giornate dormendo nella sua stanza. Megara consultò l'oracolo di Delfi e così seppe che Hera aveva piantato i semi della follia nella mente di suo marito: per liberarsi della maledizione, Ercole avrebbe dovuto compiere dieci impossibili fatiche al servizio dell'umanità.
Fortunatamente egli decise di sottoporsi alla cura prescritta dall'Oracolo e si presentò a Euristeo, re di Tirinto e Micene, che gli avrebbe ordinato i dieci compiti impossibili.

Qualcuno avrà notato che all'inizio si era parlato di dodici fatiche, non è stato un errore e più avanti si saprà come andò.

1 - Il Leone Nemeo

Euristeo raccontò ad Ercole di un leone che era causa di molte sofferenze nella terra di Nemea. Non solo attaccava gli animali, ma anche le persone. Il primo compito dunque, era cacciare e uccidere il Leone di Nemea.
Ercole si avviò alla volta di Nemea e i pastori locali lo indirizzarono subito alla grotta del leone dove, nascosto dietro un masso, si mise in attesa. Verso sera il leone uscì. Era davvero una belva enorme, che avebbe spaventato a morte la maggior parte degli uomini. Ercole prese una freccia dalla faretra e la incoccò nell'arco che era un'arma potente e richiedeva una forza immensa solo per tirare la corda e fletterlo. Tirò con forza e scoccò la freccia. Questa colpì il petto del leone, ma invece di perforarne la pelle, rimbalzò via. Ne scoccò subito un'altra ma fu tanto inutile quanto la prima.
Ora capiva perchè l'impresa era considerata impossibile: la pelle del Leone di Nemea era resistente alle armi!
Il leone osservò Ercole, incuriosito dal suo audace attacco. Chi era costui? Non di certo un uomo comune!
Vedendo che Ercole era forte e fiero come lui, peccò di un eccesso di prudenza e si ritirò di nuovo nella tana.
Il Leone di Nemea era non solo forte, ma anche furbo. La sua grande caverna aveva molte gallerie e due aperture. Se mai qualcuno avesse tentato di entrare da una parte egli avrebbe sempre potuto fuggire dall'altra.
Ercole era stato avvertito di questo dai pastori perciò girò intorno alla montagna e trovò l'uscita della tana, sradicò un albero e lo usò per far leva su un grosso masso con il quale sigillò l'apertura, poi tornò all'ingresso e strisciò dentro la grotta del leone. All'interno vide brillare gli occhi verdi della belva che non si aspettava certo che un uomo lo assalisse, ma quell'uomo era Ercole! Egli lottò e lottò con la bestia mangiauomini e alla fine lo sconfisse uccidendolo a mani nude.
Se vi è mai capitato di vedere un ritratto di Ercole (il mondo antico era pieno di sue immagini, per la maggior parte dipinte su vasi) saprete che gli piaceva indossare una pelle di leone sulle spalle e che la folta criniera era come una sorta di cappa sopra la sua testa. La pelle di leone che portava era, ovviamente, quella del Leone di Nemea.
Quando tornò da Euristeo indossando la sua nuova stola era così terrificante che il re si nascose all'interno di un'enorme giara e da lì dentro parlò con lui proibendogli da allora in poi di entrare in città. In futuro, per mostrare i suoi trofei, avrebbe dovuto restare fuori dalle mura.

2 - L'Idra di Lerna

Il prossimo compito di Ercole era quello di combattere un'altra terribile creatura che si appostava nelle paludi di Lerna ed era nota come l'Idra di Lerna. Era un gigantesco serpente con molte teste e se le si mozzava una testa, al suo posto ne ricrescevano due. Era davvero un agguerrito avversario ed anche Ercole pensò di non poter combattere questo nemico da solo, così si avvalse dell'aiuto di suo nipote Iolaus. Ercole affrontò l'Idra con la spada e ogni volta che tagliava una testa, Iolaus con una torcia bruciava il moncone prima che si formassero quelle nuove.
Hera, che osservava dal cielo, pensò: "Due creature umane contro un mostro. Non è giusto!" e mandò un granchio gigante ad unirsi alla lotta. Ercole e Iolaus si spalleggiarono schiena contro schiena e combatterono entrambe queste bestie soprannaturali. Dopo averla avuta vinta sui mostri, Ercole raccolse un po' del sangue dell'Idra da usare come veleno per le sue frecce.
Tornò da Euristeo con la notizia della sua vittoria, ma il re non fu soddisfatto. "Non hai lottato da solo contro l'Idra," disse "così il lavoro non conta." Ercole scosse il gigantesco pugno contro il re, ma Euristeo, che per sicurezza si era rifugiato in cima alla torre gridò: "Non serve a nulla discutere. Hai ancora nove opere da portare a termine, Ercole. Il prossimo compito è portarmi la sacra cerva di Artemide, la troverai sulle colline di Cerinea. Appena la vedrai la riconoscerai, ha delle piccole corna d'oro."

3 - La Cerva di Cerinea

La cerva era sfuggente e veloce sulle zampe. Ercole era forte ma non così veloce e trascorse un anno a cercare l'aggraziata creatura sulle colline di Cerinea.
Artemide, dea della caccia, non fu contenta che un uomo inseguisse il suo tesoro e quando Ercole scoccò la sua freccia, si arrabbiò. Anche se era una dea, temeva la forza delle braccia del figlio di Zeus, perciò si fece accompagnare da Apollo, come sostegno morale.
Il dio splendente di luce dorata apparve ad Ercole e gli disse: "Che cosa fai? La caccia alla Cerva di Artemide  è vietata. E' una fortuna che non l'abbia uccisa con la tua freccia!" "Beh," rispose Ercole imperturbabile "mi è stato comandato da un dio di farlo, quindi se anche tu sei un dio devi lasciarmi fare."
Apollo sapeva bene che Ercole non era un uomo comune ma figlio di Zeus, perciò si consultò con Artemide e giunsero a un compromesso: gli avrebbero permesso di  portare la cerva, viva, ad Euristeo, ma poi avrebbe dovuto lasciarla andare.
Così Ercole compì la sua terza fatica e tornò a Tirinto.

4 - Il Cinghiale di Erimanto

"E' stato facile!" disse Euristeo, "La Cerva non era una minaccia per nessuno. Ora dovrai affrontare un nemico più pericoloso. Un cinghiale sta terrorizzando gli abitanti di Erimanto, il quarto compito è quello di sconfiggerlo. Visto che ti stai rammollendo e non uccidi più gli animali, dovrai portarmi il cattivo porcellino vivo."
E così Ercole si mise ancora una volta in viaggio attraverso quella parte della Grecia chiamata Peloponneso, la terra dove nacque la civiltà dei Micenei. In seguito gli abitanti del Peloponneso furono chiamati anche Spartani, ma in quel tempo di eroi erano molti i piccoli stati.
Il viaggio di Ercole lo portò ad attraversare Pholoe, la terra dei Centauri. I Centauri erano strani ibridi, metà cavalli e metà uomini. Trovò ospitalità presso un centauro chiamato Pholus che gli offrì della carne cruda ma egli, che era esigente in fatto di cibo, preferì cuocerla sul fuoco. Poi chiese del vino, ma Pholus esitava ad aprire l'otre che lo conteneva in quanto era una proprietà comune di tutti i centauri. Ercole rise e lo esortò a non essere così pauroso, quindi versarono il vino e bevvero.
Quando gli altri centauri, sentito l'odore della carne arrostita, vennero a vedere chi fosse l'ospite, li trovarono che bevevano il loro vino preferito e si arrabbiarono molto. Si radunarono in gran numero e li assalirono con un fitto lancio di massi ed abeti ma Ercole lottò e li fece fuggire lontano.
Dopo la piccola diversione con i Centauri e il vino, Ercole riprese il suo cammino.
Trovò il cinghiale di Erimanto e lo intrappolò in una cavità del terreno. L'animale cercò di assalirlo con le sue zanne, ma fu un errore: il nostro eroe lo colpì sulla testa con una roccia e lo mise fuori combattimento, poi se lo caricò sulle spalle e tornò a Micene.

5 - Le Stalle di Augia

Nel frattempo Re Euristeo era alla ricerca dei compiti più impossibili da affidare ad Ercole.
All'improvviso gli venne in mente qualcosa che lo fece sorridere. Non era molto pericoloso ma deliziosamente disgustoso: Ercole avrebbe dovuto pulire le stalle di Augia e farlo in un solo giorno. Augia era re di Elide e possedeva molti capi di bestiame, famosi per la quantità e il fetore dei loro escrementi.
Quando Ercole seppe di questo lavoro diventò furibondo: la pulizia delle stalle non era compito per un figlio di Zeus! Comunque si presentò ad Augia e gli chiese di essere pagato per il suo lavoro. Il re accettò e gli promise una mandria di bovini come ricompensa. Ercole, senza neanche sporcarsi le grandi mani, deviò il corso di due fiumi affinchè l'acqua attraversasse le stalle che così furono ben ripulite.
Quando Euristeo seppe dalle sue spie che Ercole era stato pagato per la pulizia delle stalle, sentenziò che quel lavoro non contava e gli ricordò che i suoi ordini erano di lavorare gratuitamente.

E così si spiega perchè l'eroe dovette affrontare dodici fatiche invece di dieci.

6 - Gli uccelli del lago Stinfalo

Per il suo sesto compito, Ercole doveva liberare il lago Stinfalo da una specie di uccelli mostruosi. Erano degli strani uccelli che mangiavano gli altri uccelli e tutti i pesci del lago. Le popolazioni che vivevano lungo le rive soffrivano la fame a causa loro. Il problema era che questi uccelli si nascondevano nei canneti ed era impossibile scovarli, ma la dea Atena venne in soccorso ad Ercole donandogli degli speciali sonagli di bronzo.
Con il loro potente suono Ercole riuscì a spaventare gli uccelli e a farli alzare in volo, poi li abbattè con l'arco e le frecce intinte nel veleno dell'Idra.

7 - Il Toro di Creta

Euristeo non si arrese e comandò subito ad Ercole la sua settima fatica: questa volta doveva fare vela per l'isola di Creta dove regnava Minosse.

Forse conoscerete già la storia di Arianna, figlia di Minosse, che aiutò Teseo a sconfiggere il mostro mezzo uomo e mezzo toro noto con il nome di Minotauro. Questa di Ercole invece è un'altra bestia, uscita dal mare.

Il dio del mare Poseidone che lo voleva per sé, aveva ordinato a Minosse di sacrificarlo sulla spiaggia però, quando Minosse vide quant'era bello questo toro, tentò un inganno e sacrificò sulla spiaggia un altro animale.
Ma è da sciocchi tentare di ingannare gli dei! Poseidone si adirò e mandò il suo toro a calpestare tutta l'isola. I suoi zoccoli erano così pesanti che la terra tremava ad ogni passo e gli edifici crollavano. Ercole combattè con il toro, lo legò e lo condusse da Euristeo.
Il re vide il bell'animale dalla cima della torre e ordinò a Ercole di liberarlo.
"Oh Re, fate attenzione!" esclamò Ercole. A queste parole il re si infuriò: "Sei mio schiavo, non mi disubbidire!" gridò.
Ercole fece come gli era stato ordinato e il toro, una volta libero, fuggì sulle colline calpestando i campi e facendo tremare le mura della città, tanto che gli abitanti temettero che i tetti delle case sarebbero caduti sulle loro teste.
Impassibile, Ercole attendeva il prossimo ordine del re.

8 - Le cavalle di Diomede

L'ottava fatica lo portò verso la Tracia che oggi sarebbe il nord della Grecia e il sud della Bulgaria.
Gli abitanti della Tracia in quei giorni erano molto bellicosi, soprattutto il Re Diomede. Questi possedeva quattro cavalli conosciuti come le Cavalle di Diomede. I loro nomi erano Podagros, veloce - Lampon, brillante - Xanthos, bionda e Deimos, terribile. Erano animali splendidi ma incontrollabili, i cavalli più selvaggi che esistessero.
Si diceva che si nutrissero della carne dei soldati caduti in battaglia e che quando non era in guerra Diomede si liberasse dei suoi avversari invitandoli ad una festa per poi ucciderli, dandoli in pasto ai feroci animali: Ercole doveva rubare questi cavalli.
Nessuno era mai riuscito a cavalcarli prima, finchè una notte Ercole si introdusse nelle stalle, li legò insieme e montato sul dorso di Deimos lo portò via insieme agli altri.
Euristeo si entusiasmò nel vedere Ercole che cavalcava quei cavalli-mangiauomini, ma non volle quelle orride creature per sé e ordinò di liberale sul Monte Olimpo in modo che Zeus decidesse lui stesso cosa farne.

9 - La cintura di Ippolita

La nona fatica era una missione più delicata.
La figlia di Re Euristeo stava per compiere diciotto anni e lui le aveva promesso un regalo di compleanno molto speciale: una cintura particolarmente bella ornata di borchie e pietre preziose. L'unico problema consisteva nel fatto che questa cintura apparteneva a Ippolita, la Regina delle Amazzoni.
Le Amazzoni erano una fiera tribù di donne guerriere, che vivevano sulle sponde del Mar Nero. La cintura era stata data a Ippolita da suo padre Ares, dio della guerra. Re Euristeo non avrebbe mai promesso un tale regalo a sua figlia se non ci fosse stato Ercole a recuperarlo per lui!
Ercole sarà anche stato un uomo forzuto, ma non era un imbecille. Capì che è sempre meglio tentare la strada della diplomazia prima della guerra, quindi incontrò la Regina Ippolita sulla sua barca reale e sfoderò tutto il suo fascino. La regina ne fu colpita e accettò di regalargli la cintura.

La dea Hera però, come sempre intenzionata a creare problemi ad Ercole, pensò che era stato tutto troppo facile, così apparve alle guardie delle Amazzoni e disse loro che Ercole voleva rapire la loro regina. Queste accorsero con le spade e Ercole si trovò a dover combattere una battaglia che non aveva voluto.
Alla fine, prese la cintura e la portò ad Euristeo in tempo per il compleanno della figlia, che ne fu molto contenta.

10 - I buoi di Gerione

Le fatiche di Ercole lo portavano sempre più lontano da casa.
Il compito successivo era rubare i buoi di Gerione, un mostro a tre teste, e per fare ciò avrebbe dovuto attraversare il deserto libico per raggiungere l'altro lato dell'Africa.
Il viaggio per arrivarci era anche peggiore del compito stesso: i raggi cocenti del sole erano più fastidiosi di una nube di frecce delle Amazzoni, ma siccome Ercole non aveva intenzione di accettare la punizione per quella che era, scoccò una delle sue frecce fino al sole.
Apollo, il dio del sole, ne fu così stupito che gli apparve sul suo carro e lo guidò sulla riva del mare. Là gli diede la sua coppa d'oro che galleggiava come una barca ed Ercole remò fino all'isola dove viveva Gerione con il suo bestiame.
Come arrivò sulla spiaggia, un cane da guardia con due teste l'aggredì, ma egli colpì una testa con un pugno e l'altra con il suo bastone. Subito Gerione, il mostro con tre teste, si fece avanti con tre spade e tre scudi a difesa del suo corpo, ma non infastidì Ercole più di tanto: egli lo trafisse con una delle sue frecce avvelenate e per il mostro fu la fine.
Ercole caricò i buoi su una nave e raggiunse il continente, ma una volta a terra ebbe qualche problema. La solita dea Hera, infatti, mandò una quantità di insetti a tormentare il bestiame e a disperderlo.
Ercole trascorse un anno intero a radunarlo prima di poter tornare a Micene con il suo trofeo.
"Ho completato i miei dieci lavori e adesso devi liberarmi" disse Ercole al re Euristeo."Ti stai dimenticando che due di loro non contano" rispose il Re, "Hai infranto le regole. hai avuto un aiuto per uccidere l'Idra e fosti pagato per pulire le stalle di Augia, perciò mi devi due compiti in più. Ora dovrai rubare i pomi delle Esperidi. Vai, vai!" E lui andò, anche se la cosa non gli piaceva molto.

11 - I pomi del giardino delle Esperidi

Il compito in realtà era più difficile di quanto potesse sembrare.
Ercole non sapeva proprio da dove cominciare a cercare il giardino e partì per il mondo in cerca di queste mele. Fortunatamente, mentre stava per attraversare un fiume, una ninfa gli diede un buon consiglio: gli disse di catturare Nereus un vecchio uomo di mare che conosceva il segreto delle mele.
Ercole trovò Nereus che riposava su uno scoglio vicino alla spiaggia, lo afferrò per un piede e il vecchio si trasformò subito in un pesce gigante, poi in un'enorme alga marina, in un delfino e infine in un granchio con le pinze, ma Ercole non lo lasciò andare.
Alla fine il vecchio si arrese e gli chiese: "Allora, cosa vuoi da me?" Ercole gli spiegò che cercava notizie circa i pomi delle Esperidi.
"Dunque" disse l'uomo " Hera li diede a Zeus il giorno del loro matrimonio. Crescono su un albero in un magico giardino nel nord dell'Africa. Il giardino è curato da tre ninfe, le Esperidi. I muri sono sorvegliati da un dragone immortale con cento teste. Non dovresti cercare di affrontarlo, Ercole. L'unica persona che potrebbe ottenere quelle mele è Atlante, il padre delle Esperidi. Loro glieli daranno sicuramente senza problemi." E così invece di andare direttamente al giardino, Ercole scese per cercare Atlante, un dio gigantesco i cui piedi posano sul fondo dell'universo e le cui spalle portano il peso di tutto il mondo.
Ercole si offrì si prendere il suo posto e sostenere lui il mondo, mentre Atlante andava a prendere le mele.
Come ben potete immaginare Atlante, che sosteneva il peso del mondo da milioni di anni, fu ben lieto che gli fosse offerta una pausa! Lasciò volentieri Ercole a sostenere il mondo e andò a far visita alle figlie.
Alcune settimane dopo tornò con tre mele magiche, ma non aveva nessuna intenzione di riprendere il suo vecchio lavoro. "Rimani lì." disse ad Ercole "Porterò io le mele a Euristeo."
Ercole capì che sarebbe rimasto a sostenere il peso del mondo fino alla fine dei tempi e sarebbe stata una fatica di troppo, perciò disse ad Atlante: "Sì sì, va bene. Ma prima che te ne vai, reggimi un attimo il mondo che mi devo sistemare il mantello. E' tutto stropicciato sulla spalla." Atlante ingenuamente fece come gli aveva chiesto Ercole ma questi, non appena si fu liberato dal peso del mondo, prese le tre mele e fuggì.

Questo episodio dimostra che il nostro eroe non era solo forte e muscoloso, ma aveva anche tanto cervello!

Quando ebbe consegnato i tre pomi magici ad Euristeo, ad Ercole sarebbe rimasta da affrontare solo un'altra fatica.

"Ben fatto, ci sei quasi" esclamò Euristeo "L'ultimo compito è una cosa semplice per uno come te. Tutto quello che devi fare è scendere agli inferi e portarmi Cerbero, vivo"
"Cosa?" esclamò Ercole "Nessun mortale può visitare il regno dei morti e tornare di nuovo alla luce!" "Beh, tu dovrai farlo, se vuoi essere libero!" gli rispose il re.

12 - Cerbero, il cane da guardia degli inferi

Ercole, borbottando fra sè e sè che dovevano esserci vari gradi di "impossibile" si allontanò in cerca di consigli sul da farsi.
Si recò a Eleusis, dove c'erano sacerdoti specializzati nel culto dei morti e degli inferi. Fu iniziato ai misteri dell'Ade e scoprì dove il fiume Stige scorre nel sottosuolo.
Non lontano c'era l'ingresso di una caverna da dove avrebbe cominciato il suo percorso in discesa, diventando così il primo mortale a percorrere quella via verso l'Ade.

Dopo di lui anche Orfeo e Ulisse intrapresero lo stesso viaggio, ma allora non erano ancora nati.

Incontrò Teseo, che era stato imprigionato per aver tentato di rapire Persefone, la regina degli inferi. La sua gamba era legata ad una tavola da un serpente di pietra. Ercole spezzò la catena serpentesca e liberò il suo amico eroe.
Alla fine giunse al cospetto di Ade, il pallido re degli inferi. Egli accettò di lasciargli prendere in prestito Cerbero purchè riuscisse a rendere inoffensivo il cane a tre teste senza usare le armi. Questo era il genere di lavoro che Ercole era già abituato a fare e presto il fiero cane da guardia degli inferi fu reso inoffensivo e guaiva come un cucciolo.

Bisogna dire che quando lo condusse davanti ad Euristeo, questi per la prima volta rimase veramente colpito. Disse ad Ercole che avrebbe potuto ritenersi libero dopo che Cerbero fosse stato riconsegnato al suo padrone e così egli dovette tornare giù negli inferi una secondo volta. Quando riemerse alla luce del mondo, gioì in cuor suo per la libertà raggiunta.

Ma aspettate, non è ancora finita!
La crudele Hera riuscì a renderlo schiavo un'altra volta persuadendo Zeus e tutti gli altri dei che non era stato ancora punito abbastanza.
"Questo mortale ha fatto l'impossibile non una, ma ben dodici volte. Se gli permettiamo di crescere arrogante, diventerà una minaccia anche per noi quassù sul Monte Olimpo. Dobbiamo umiliarlo prima che sia troppo tardi!" Quindi gli dei diedero ad Ercole un anno in più di punizione e lo fecero schiavo di Onfale, regina di Lidia.
Ella era molto contenta di avere un uomo così bello e forte in suo potere e lo stuzzicava facendogli scambiare gli abiti con i suoi. Mentre lei sedeva sul trono indossando il mantello del leone di Ercole e il suo bastone, ordinò a lui di indossare i suoi vestiti.
I giganteschi piedi di Ercole sfondarono le scarpette e la cintura scoppiò quando lui tentò di allacciarla intorno alla sua grande vita.
La regina lo rimproverò per la sua goffaggine e poi lo fece sedere ai suoi piedi vestito da donna a raccontare tutte le sue fatiche. Invece di esserne impressionata, lo derise dall'inizio alla fine.
Per Ercole, essere schiavo di Onfale fu molto peggio di tutte le dodici fatiche che aveva affrontato per Euristeo.