Il vaso di Pandora

Fra storia e mito

Ci fu un tempo in cui non esistevano l’infelicità, né la malattia, né l’ira, nessuno si faceva mai male né invecchiava.
Non esisteva l’invidia e perciò non c’erano né lotte, né guerre, né uccisioni e dovunque c’era una grande abbondanza.

Marito e moglie non bisticciavano mai e anche Pandora ed Epimeteo erano felici di poter stare sempre insieme spensieratamente, prendendo parte a feste e giochi e dormendo al sole della primavera che era eterna.
Pandora, invero, era un po’ viziata ed il marito amava colmarla di regali. Ogni giorno le portava un vestito nuovo o dei sandali, gioielli o doni per la casa e il giardino.

Un giorno tornò a casa con un oggetto avvolto in un panno.
Era una vecchia scatola polverosa chiusa da vari fermagli e legata da un cordone dorato. “Cos’è” chiese felice Pandora, danzando intorno alla scatola. “E’ un regalo per me?”
“No, Pandora non è per te” rispose energicamente il marito. “Questa scatola mi è stata data in custodia dal Dio Mercurio. Mi ha fatto promettere che non l’avrei aperta per nessuna ragione, o me ne sarei pentito amaramente!”
“Ti prego, lasciami dare solo un’occhiatina”
“No Pandora, questa scatola non ci appartiene. Dobbiamo rispettare il volere di Mercurio”

Pandora però continuava a pensare alla misteriosa scatola. “Cosa ci sarà dentro?” pensava “Certo sarà un regalo per me e la storia di Mercurio, Epimeteo se l’è inventata. E se anche fosse….io non ho promesso nulla. Che c’è di male a dare solo un’occhiata?”

Così dicendo slegò il cordone e fece scattare i fermagli.
Dalla scatola uscì un lieve fruscio, come di ali di farfalla. “Oh, deve essere una creaturina! Non posso certo lasciarla chiusa lì dentro!”
Alzò il coperchio della scatola e dentro trovò solo un vecchio vaso impolverato, sigillato con la cera. Dal vaso provenivano strani suoni che si facevano via via sempre più forti.
“Se rompo il sigillo, Epimeteo si accorgerà che ho curiosato”. Pandora chiuse la scatola e cercò di non pensarci più.

Dal del vaso uscivano strane voci “Pandora, Pandora! Per piacere, facci uscire!”.
Pandora ardeva dalla curiosità ma cercava di resistere “Mio marito mi ha proibito di aprire la scatola!”.
“Ma cosa vuoi che ne sappia lui? Per favore, facci uscire, il mondo ha bisogno di noi, senza di noi non è completo!”.
La tentazione era troppo forte e Pandora ruppe il sigillo di cera.

Il tappo schizzò via sotto la spinta di una specie di orribile calabrone nero. I suoi aculei stillavano veleno e nel suo ronzio di indovinava la parola Morte.
Un altro insetto alato dall’aspetto coriaceo e dallo sguardo fisso, la Paura, lo seguì mormorando, poi in insetto bavoso strisciò fuori dal vaso e tracciò la parola Malattia sul pavimento.
Infine una strana zanzara color del ghiaccio volò fuori dalla finestra e, posandosi qua e la, infestò il giardino di spine, erbacce e bruchi. Il suo ronzio sembrava dire: Fame!

Pandora cercò disperatamente di rimettere il tappo al vaso, ma un curioso scarabeo volante le punse una mano gridandole: ”Non ci puoi più fermare ora, stupida donna. Noi siamo tutte le cose malvagie che il tuo mondo non ha mai conosciuto. Siamo un dono degli dei invidiosi della vostra felicità. Io sono la Vecchiaia!".

Il tappo divenne improvvisamente pesantissimo nelle mani di Pandora che si stavano ricoprendo delle grinze e delle macchie scure dell’età. Riflesso nel suo specchio di bronzo vide il viso rugoso e i capelli spruzzati di grigio.
Il gelido soffio dell’Inverno uscì dal vaso e la investì fino a farla tremare di freddo.

Con un ultimo, penoso sforzo Pandora riuscì a tappare il vaso e a chiudere la scatola, ma non prima che la Preoccupazione, l’Ira e la Gelosia sciamassero fuori. Pungendo e mordendo, volarono fuori dalla porta, lungo il sentiero e si installarono sulla testa di Epimeteo che stava tornando a casa.
Egli entrò in casa come una furia, scaraventò a terra la moglie e la schiaffeggiò. “Malvagia donna, disubbidiente, stupida ed egoista! Ti avevo avvertita di non aprire la scatola. Perché non fai mai quello che ti si dice?”
Pandora, che non aveva mai conosciuto e neppure immaginato la collera, sentì per la prima volta gli occhi riempirsi di lacrime, poiché anche l’Infelicità era riuscita ad uscire dal vaso.

Dalla strada veniva intanto un clamore di lotta, pianti e di terrore. Il mondo così meraviglioso fino a poco prima, sembrava essersi trasformato in un luogo orribile.

Ad un tratto Pandora udì un’ultima vocina uscire dal terribile vaso.
“Pandora, Pandora! Non lasciarmi qui dentro tutta sola! Il mondo ha bisogno di me! Il mondo non è completo senza di me!”
“Non mi ingannerete di nuovo!” singhiozzò Pandora, gettandosi sul coperchio della scatola.
“Ma io posso aiutarti, fammi uscire ti prego, fammi uscire!”
La voce sembrava essere tanto infelice quanto lei e Pandora, pregando Epimeteo di stare indietro, aprì la scatola e stappò ancora una volta il vaso.

Ne volò fuori un cosino bianco, piccolo come la più piccola delle tignole. Solo a vederlo, Pandora si sentì un po’ consolata e quando si posò sul suo viso, sentì il cuore alleggerito.
“Che tipo di malvagità sei tu?” chiese alla creaturina.
“Io sono la Speranza” mormorò…e volò via a dar battaglia a tutti i mali odiosi.
Portò la promessa della Primavera al giardino spoglio e asciugò molte delle lacrime del mondo.
Al suo passaggio, si strusciò sulle guance di Epimeteo.

Inginocchiata davanti a lui, Pandora gli chiese fra le lacrime: “Riuscirà il mondo a perdonarmi?”
Suo marito la guardò a lungo e poi il suo viso si illuminò di un piccolo sorriso, “Lo spero” rispose dolcemente, “Lo spero”: